Abusiva successione dei contratti a termine

In tema di abusiva successione dei contratti a termine, la Corte di giustizia europea ha ribadito che la clausola 5 dell’Accordo Quadro recepito dalla direttiva 1999/70/CE, nella parte in cui riporta la locuzione “successione di rapporti di lavoro a tempo determinato”, non vieta i contratti a tempo determinato ma l’abuso di utilizzo di una successione di contratti a tempo determinato con lo stesso lavoratore e che la stipulazione di un contratto a tempo determinato che è il primo o l’unico contratto di lavoro a tempo determinato, non rientra nell’ambito di applicazione del punto 1 di detta clausola (cfr. CGUE 15/12/2022; C-40/20 e C-173-20, punti da 47 a 50)“.

Così ha statuito la Corte di Cassazione, Sez. Lavoro,  con l’ordinanza del 28.02.2024 n. 5332 (testo in calce), nell’ambito della quale ha accertato, nel caso di specie, che “la lavoratrice ha stipulato un unico contratto a tempo determinato (un contratto acausale, di durata complessiva non superiore a 12 mesi, legittimamente prorogato sino al raggiungimento di detto periodo complessivo); ha, poi, verificato il rispetto non solo dei limiti posti dal D.Lgs. n. 81 del 2015  (a mente del quale, ex art. 19, è consentita la stipula di un contratto a termine acausale con “termine di durata non superiore a 12 mesi”, prorogabile nel rispetto di detto limite temporale e senza indicazione delle specifiche esigenze) ma, altresì, la conformità con l’Accordo Quadro recepito nella direttiva 1999/70/CE  e con i principi affermati e ribaditi da tutte le recenti sentenze della Corte di Giustizia europea (in specie, CGUE 11.2.2021, C-760/2018 e CGUE 3.6.2021, C-726/2019, secondo le quali il ricorso abusivo ad una successione di contratti a termine deve ritenersi integrato “solo in caso di successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato…di modo che un contratto che è il primo o l’unico contratto di lavoro a tempo determinato non rientra nell’ambito di applicazione della clausola 5, punto 1, dell’Accordo Quadro”)”.

Cass. Civ., Sez. Lavoro, del 28.02.2024 n. 5332