La Corte Suprema di Cassazione, Sez. II, con ordinanza del 20.09.2024 n. 25260 (testo in calce), in tema di scrutinio giudiziale della condotta dell’amministratore di società, ha statuito il seguente principio di diritto “Qualora i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano vietati dalla legge o dallo statuto, la condotta dell’amministratore è illegittima se omette di adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati; in tal caso l’attore ha l’onere di provare tutti gli elementi di fatto dai quali è possibile dedurre la violazione dell’obbligo di lealtà e di diligenza“.
La Corte ha precisato che “Come è noto, all’amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale e può eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società: ne consegue che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica, ma solo la diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, e quindi, l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste l’adempimento dei suo doveri sociali previsti dall’art. 2392 c.c. (Cass. 12.02.2013, n. 3409; Cass. 2.02.2015, n. 1783; Cass. 22.06.2017, n. 15470)”.
In particolare “L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta che la società ha l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori e sindaci l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro (Cass. Civ., Sez. I, 07.02.2020 n. 2975; Cass., 31.08.2016, n. 17441; Cass., 11.11.2010, n. 22911)”.
Sul tema dell’onere probatorio, la Corte di Cassazione ha affermato, altresì, che “Ove i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto e l’obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata, o dal dovere di diligenza, consistente nell’adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati, l’illecito è integrato dal compimento dell’atto in violazione di uno dei menzionati doveri. In tal caso, l’onere della prova da parte della società non si esaurisce nella dimostrazione dell’atto compiuto dall’amministratore, ma investe una serie di elementi dai quali è possibile dedurre che lo stesso implica violazione del dovere di lealtà o di diligenza. Il contenuto di siffatti obblighi di carattere generale può specificarsi solo con riferimento alle circostanze del caso concreto; pertanto, in relazione alla mancata osservanza, da parte dell’amministratore, dell’obbligo di diligenza, chi agisce in giudizio deve dare dimostrazione di una serie di indici dai quali è possibile inferire la violazione del predetto dovere, che è definito dall’art. 2932 c.c. (Cass.Civ., 9.11.2020, n. 25056 ; Cass. Civ., 7.02.2020, n. 2975)”.
Infatti “In tema di responsabilità dell’amministratore per i danni cagionati alla società amministrata, il principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione (cd. business judgement rule, non si applica in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell’iniziativa economica (Cass. Civ., Sez. I, 25.03.2024 n. 8069)”.
Cass. Civ., Sez. II, Ordinanza del 20.09.2024, n. 25260.