“Il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis“, quale deroga convenzionale all’art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall’art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell’assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all’art. 1322, comma 2, c.c., ma alla verifica, ai sensi dell’art. 1322, comma 1, c.c., della rispondenza della conformazione del tipo, operata attraverso l’adozione delle suddette clausole, ai limiti imposti dalla legge, da intendersi come l’ordinamento giuridico nella sua complessità, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale. Tale indagine di conformità del contratto concluso dalle parti al tipo negoziale indicato riguarda, innanzitutto, la causa concreta del contratto – sotto il profilo della liceità e dell’adeguatezza dell’assetto sinallagmatico rispetto agli specifici interessi perseguiti dalle parti, e non si arresta al momento della genesi del regolamento negoziale, investendo anche la fase precontrattuale (in cui occorre verificare l’osservanza, da parte dell’impresa assicurativa, degli obblighi di informazione sul contenuto delle claims made) e quella dell’attuazione del rapporto (come nel caso in cui nel regolamento contrattuale on claims made basis vengano inserite clausole abusive), con la conseguenza che la tutela invocabile dall’assicurato può esplicarsi, in termini di effettività, su diversi piani, con attivazione dei rimedi pertinenti ai profili di volta in volta implicati”: lo ha statuito la Corte di Cassazione Civile, sez. III, con la sentenza del 30 maggio 2024, n. 15216 (testo in calce).
La Suprema Corte ha ribadito principi, già ripresi e sviluppati da numerose pronunce a sezioni semplici successive, relativi alle possibili conseguenze della dichiarazione di nullità della clausola claims made, fornendo indicazioni operative ai giudici di merito in ordine agli indicati profili.
A tal proposito, con riferimento alle conseguenze della declaratoria di nullità della causa in concreto della clausola contrattuale, la Corte di Cassazione ha precisato che “vanno gestite dal giudice stesso che dichiara la nullità della singola clausola, cui spetta l’indicazione della norma imperativa con la quale sostituire la clausola dichiarata nulla, ai fini di lasciare alle parti una regolamentazione depurata della clausola nulla e tuttavia utilizzabile, perché regolamentata da regole certe. È, infatti, principio consolidato che il giudice che dichiara la nullità di una clausola del contratto ai sensi dell’art. 1419, comma 2, c.c. deve indicare la norma imperativa con la quale sostituire la predetta clausola dichiarata nulla”.
Inoltre, “La responsabilità della struttura sanitaria per il fatto degli ausiliari, di cui all’art. 1228 c.c., è una responsabilità per fatto proprio, non per fatto altrui; chi assume l’obbligazione di prestare al paziente assistenza e cura è l’ospedale, e l’eventuale errore commesso dal medico che di quell’ospedale sia ausiliario costituisce ipso facto inadempimento delle proprie obbligazioni da parte dell’ospedale. L’errore del medico–persona fisica costituisce dunque un mero presupposto di fatto per il sorgere della responsabilità dell’ospedale: e come tutti i presupposti di fatto potrà essere accertato dal giudice incidenter tantum, senza efficacia di giudicato nei confronti del medico”.
Di conseguenza, la circostanza che il medico abbia transatto la lite col paziente, venendo liberato dalla propria obbligazione, non impedisce al paziente né di introdurre, né di coltivare la domanda di risarcimento nei confronti dell’ospedale; ed ha per sola conseguenza la riduzione del quantum debeatur, da determinarsi coi criteri stabiliti da Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011, Rv. 620066 – 01.
A ciò si aggiunga che l’ospedale e il medico rispondono in solido nei confronti del paziente: e al creditore di una obbligazione solidale è sempre consentito transigere la lite con uno dei coobbligati, con l’effetto di sciogliere il vincolo solidale rispetto al transigente e riservare i propri diritti nei confronti degli altri (Sez. U, Sentenza n. 30174 del 30/12/2011, Rv. 620066-01).