L’art. 101, paragrafo 1, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non impone all’autorità garante della concorrenza di uno Stato membro di dimostrare l’esistenza di effetti restrittivi concreti e reali sulla concorrenza, all’atto di valutare se un accordo che prevede limitazioni della garanzia sulle automobili, atte a obbligare o incentivare i proprietari delle automobili a farle riparare e a farne effettuare la manutenzione unicamente presso i rappresentanti autorizzati del costruttore automobilistico, nonché a utilizzare i pezzi di ricambio originali del costruttore automobilistico per la loro manutenzione periodica affinché la garanzia automobilistica resti valida, possa essere qualificato come restrizione della concorrenza per effetto, ai sensi di tale disposizione. È sufficiente che tale autorità accerti, conformemente alla disposizione suddetta, l’esistenza di effetti restrittivi potenziali sulla concorrenza, purché siano sufficientemente sensibili”: così ha statuito la Corte di Giustizia UE, sez. X, con la sentenza del 5 dicembre 2024, n. 606 (testo in calce).
La Corte di Giustizia, nel sancire il superiore principio, ha ricordato che, in forza dell’art. 101, paragrafo 1, TFUE, sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno.
A tal fine, occorre esaminare, in un primo tempo, l’oggetto del comportamento in questione. Qualora, al termine di questo esame, risulti che detto comportamento ha un oggetto anticoncorrenziale, non è necessario procedere all’esame del suo effetto sulla concorrenza. Solo nel caso in cui non possa ritenersi che il comportamento in parola abbia un oggetto anticoncorrenziale è necessario procedere, in un secondo tempo, all’esame di tale effetto.
A tale riguardo, deriva da costante giurisprudenza che la nozione di comportamento avente un «effetto» anticoncorrenziale comprende ogni comportamento che non possa essere considerato come avente un «oggetto» anticoncorrenziale, purché sia dimostrato che tale comportamento ha per effetto attuale o potenziale di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza, e ciò in modo sensibile.
La valutazione degli effetti di un accordo tra imprese alla luce dell’art. 101 TFUE comporta quindi la necessità di considerare la situazione concreta in cui tale accordo si inquadra, in particolare il contesto economico e giuridico nel quale operano le imprese interessate, la natura dei beni o dei servizi coinvolti e le condizioni reali del funzionamento e della struttura del mercato o dei mercati in questione. Ne consegue che lo scenario controfattuale, previsto a partire dalla mancanza di detto accordo, deve essere realistico e credibile.
Corte di Giustizia UE, sez. X, con la sentenza del 5 dicembre 2024, n. 606.