Anomalie del conto corrente: onere probatorio a carico del correntista

Con al sentenza del 1° ottobre 2024 n. 841 (testo in calce), la Corte d’Appello di Salerno, ha sancito il seguente principio “il correntista che propone una domanda di accertamento negativo del credito risultante dal saldo passivo di un rapporto di conto corrente bancario e/o un’azione di ripetizione dell’indebito con riferimento agli interessi, alle commissioni e alle spese corrisposti in eccedenza rispetto al dovuto ha l’onere di dimostrare i fatti costitutivi del proprio diritto, vale a dire la nullità di una o più clausole negoziali e l’avvenuta annotazione degli addebiti contestati, producendo il contratto e, in linea di principio, l’intera sequenza degli estratti conto dalla data di apertura a quella di chiusura del rapporto in contestazione“.

Ed invero, soltanto la produzione in giudizio del contratto di conto corrente consente di accertare l’eventuale esistenza di clausole che prevedono, in violazione degli artt. 1283 cod. civ. e 2, comma 4, L. n. 108 del 1996, l’applicazione di interessi anatocistici e usurari e l’eventuale mancanza di pattuizioni scritte richieste ad substantiam nonché di valutare se le competenze e le spese bancarie riportate negli estratti conto corrispondano a quelle convenute dalle parti e se le commissioni di massimo scoperto siano determinate o determinabili a norma dell’art. 1346 cod. civ.

Gli estratti conto, inoltre, quali documenti contenenti la dettagliata indicazione delle movimentazioni verificatesi nel corso dello svolgimento del rapporto bancario, sono indispensabili al fine di accertare le somme che sono state addebitate e accreditate e, quindi, di pervenire alla determinazione del saldo finale.

Del resto, l’onere probatorio gravante, ai sensi degli artt. 2697 cod. civ. e 115 c.p.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto o su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato non subisce deroga neanche nelle ipotesi in cui abbia ad oggetto fatti negativi, dal momento che la negatività dei fatti oggetto di prova non inverte, né altera il relativo onere, incombendo quest’ultimo pur sempre sulla parte che aziona la pretesa, della quale il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo.

Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser fornita mediante la dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.

Pertanto, nei rapporti bancari regolati in conto corrente, il correntista che agisce in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida causa debendi, sicché ha l’onere sia di depositare il contratto (cfr. Cass. ord. 13 dicembre 2019 n. 33009), sia di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute (cfr., ex plurimis, Cass. 13 ottobre 2016, n. 20693; Cass. ord. 23 ottobre 2017, n. 24948; CAss. ord. 28 novembre 2018 n. 30822), con la necessaria precisazione, tuttavia, che, qualora l’attore limiti tale adempimento ad alcuni aspetti temporali del rapporto, il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, con altri mezzi di cognizione di natura officiosa, disponendo, in particolare, una consulenza tecnico-contabile ed utilizzando, per la ricostruzione dei rapporti di dare ed avere, il saldo risultante dal primo estratto conto in ordine di tempo disponibile e acquisito agli atti (cfr. Cass. Ord. 3 dicembre 2018, n. 31187; Cass. ord. 27 dicembre 2022 n. 37800).

In tale ipotesi, dunque, l’incompletezza documentale relativa agli estratti conto ridonda in danno del correntista, su cui grava l’onere di provare il fatto costituivo della propria domanda, sicché, in assenza di risultanze contrarie, il conteggio del dare e dell’avere deve essere effettuato partendo dal primo saldo a debito del cliente di cui si abbia evidenza.

Corte d’Appello di Salerno, Sez. II, sentenza 1° ottobre 2024, n. 841.