Reato di infedeltà patrimoniale:i soci sono legittimati a proporre querela

Anche i soci sono persone offese del delitto di infedeltà patrimoniale, tanto che la legittimazione alla proposizione della querela per il reato di infedeltà patrimoniale dell’amministratore spetta non solo alla società nel suo complesso (essendo l’incriminazione volta alla tutela dell’integrità patrimoniale della società), ma anche – e disgiuntamente – al singolo socio. Si è sottolineato, a riguardo, che, infatti, il singolo socio è persona offesa del reato di infedeltà patrimoniale, e non solo danneggiato dallo stesso, in quanto la condotta dell’amministratore infedele è diretta a compromettere le ragioni della società, ma anche, principalmente, quelle dei soci o quotisti della stessa, che per l’infedele attività dell’amministratore subiscono il depauperamento del proprio patrimonio”: così ha statuito la Cass. Pen. sez. V, con la sentenza del 22 ottobre 2024, n. 43146 (testo in calce).

La Corte ha precisato che, ai fini della configurabilità del reato di infedeltà patrimoniale di cui all’art. 2634 cod. civ., è necessario che ricorrano i seguenti presupposti: a) un interesse dell’amministratore in conflitto con quello della società; b) la “deliberazione” di un “atto di disposizione” di beni sociali; c) un evento di danno patrimoniale intenzionalmente cagionato alla società amministrata; d) il fine specifico, in capo all’agente, di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio. 

Inoltre, in tema di infedeltà patrimoniale, il dolo del delitto si configura sotto la duplice forma di dolo specifico, riferito alla finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o altro vantaggio, anche di natura non patrimoniale, e di dolo intenzionale, riferito alla volontà e rappresentazione di un danno patrimoniale alla società quale conseguenza diretta dell’azione od omissione.

Cass. Pen. sez. V, sentenza del 22 ottobre 2024, n. 43146.