La Corte di Cassazione, Sezione I, con ordinanza del 4 settembre 2024, n. 23683 (testo in calce), ha statuito che “nel caso di prelievi di denaro non autorizzati, effettuati tramite carta bancomat, spetta alla banca provare la colpa grave del cliente nella custodia della carta e del relativo Pin, non potendosi presumere tale colpa dalla semplice conoscenza del Pin da parte di un terzo“.
In particolare, in tema di onere della prova, la Corte ha richiamato i principi dettati dalla Cassazione n. 3780 del 2024 nella cui motivazione si legge che “la giurisprudenza di questa Corte, qualificata in termini contrattuali la responsabilità della banca, ha affermato che la diligenza posta a carico del professionista, per quanto concerne i servizi posti in essere in favore del cliente, ha natura tecnica e deve valutarsi tenendo conto dei rischi tipici della sfera professionale di riferimento assumendo come parametro quello dell’accorto banchiere (Cass. n. 806 del 2016). Dunque, la diligenza della banca va a coprire operazioni che devono essere ricondotte nella sua sfera di controllo tecnico, sulla base anche di una valutazione di prevedibilità ed evitabilità tale che la condotta, per esonerare il debitore, la cui responsabilità contrattuale è presunta, deve porsi al di là delle possibilità esigibili della sua sfera di controllo”.
Ed ancora, nell’ordinanza in esame, la Corte ha precisato che il suo orientamento è consolidato nel senso di “ritenere che la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente configurabile, ad esempio, nel caso di protratta attesa prima di comunicare l’uso non autorizzato dello strumento di pagamento ma il riparto degli oneri probatori posto a carico delle parti segue il regime della responsabilità contrattuale. Mentre, pertanto, il cliente è tenuto a soltanto a provare la fonte del proprio diritto ed il termine di scadenza, il debitore, cioè la banca, deve provare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, sicchè non può omettere la verifica dell’adozione delle misure atte a garantire la sicurezza del servizio. Ne consegue che, essendo la possibilità della sottrazione dei codici al correntista attraverso tecniche fraudolente una eventualità rientrante nel rischio d’impresa, la banca per liberarsi della propria responsabilità, deve dimostrare la sopravvenienza di eventi che si collochino al di là dello sforzo diligente richiesto al debitore (Cass., I, n. 2950 del 3/2/2017; Cass., 3, n. 18045 del 5/7/2019; Cass., 6-3, n. 26916 del 26/11/2020)”.